Apostoli dell'accoglienza per le anime del Cammino di San Benedetto

Apostoli dell'accoglienza per le anime del Cammino di San Benedetto

Arriviamo nella Sabina-Reatina, scelta dalla DMO Mediterranean Pearls come area pilota italiana per il progetto transnazionale di slow travel "Med Pearls" di ENICBCMED 2014-2020.
Il tracciato del Cammino di San Benedetto, in sedici tappe, per un totale di 305 chilometri a piedi o 345 in bicicletta, si snoda tra Norcia, Cascia, Monteleone di Spoleto, Leonessa, Poggio Bustone, Rieti e la Valle Santa, Rocca Sinibalda, Castel di Tora, Orvinio, Mandela/Vicovaro, Subiaco, Trevi nel Lazio, Collepardo, Casamari, Arpino, Roccasecca e Montecassino.

Percorriamo dunque un tratto di Umbria, da Norcia a Monteleone di Spoleto, e un itinerario molto lungo nel Lazio, da Leonessa a Montecassino, fino quasi al confine con la Campania. Sono i luoghi di San Benedetto da Norcia (480-547) individuati da Simone Frignani, ideatore del Cammino, attraverso la lettura dei Dialoghi di san Gregorio Magno (540-604).
San Benedetto nacque a Norcia, visse per trent’anni a Subiaco, prima come eremita in una grotta poi come fondatore di monasteri.
Sulle rovine di un tempio dedicato ad Apollo a Montecassino fece costruire un monastero dove lasciò in eredità la sua Regula monachorum, norme di comportamento per comunità di monaci, sintetizzabile nel motto latino Ora et labora.

Intervisto Maurizio Forte, Vicepresidente dell’Associazione Amici del Cammino di San Benedetto e ospitaliero a Orvinio, in provincia di Rieti. 

Pensa che prima ho vissuto per quarant’anni a Roma, occupandomi di informatica in un ufficio di analisi tributaria. Ma sono sempre stato un irrequieto. A un certo punto ho lasciato il lavoro fisso e mi sono trasferito a Orvinio, il paese d’origine di mio padre, che ora conta circa cinquecento abitanti.
Qui mi sono fidanzato e poi sposato con Simonetta.
A lei devo molto: abbiamo avuto due figli e abbiamo affrontato insieme questa vita nuova. Adesso gestiamo un ostello con tanti posti letto. Volevo mettere insieme etica ed economia rimettendomi a studiare sui libri, poi la vita ha preso il sopravvento ma credo di non avere tradito i miei sogni.

D. L’antico borgo di Orvinio, nel Parco regionale dei monti Lucretili, raccolto intorno a un imponente castello, oltre a essere una tappa del Cammino di San Benedetto, è un piccolo gioiello incluso tra i Borghi più belli d’Italia.
Maurizio, conosci Simone Frignani, che ha ideato e tracciato il Cammino includendo Orvinio come ottava delle sedici tappe?

Certo che lo conosco. Dopo Simonetta, l’incontro più importante per il mio cambiamento di vita è stato proprio quello con Simone Frignani nel 2010.
Tengo a precisare che questo percorso di pellegrinaggio, studiato a lungo nei minimi particolari, è tematico perché non si rifà a un tracciato storico bensì ai luoghi in cui san Benedetto (480-547) aveva vissuto e operato.
Le antiche strade romane sono state trasformate in vie di grande traffico, in percorsi autostradali.
Simone, che è anche un esperto di trekking, ha evitato il più possibile l’asfalto, puntando su sentieri verdi e ben segnalati, con tappe percorribili in cinque, sei ore, equilibrate sotto il profilo altimetrico.
Poi Simone, il “motore” di questo Cammino, ha conosciuto noi ospitalieri a uno a uno e ci ha resi come “apostoli dell’accoglienza”.
Il pellegrino si sente accolto perché sul territorio c’è chi si prende cura di lui. Una buona progettazione, una buona gestione del Cammino e l’ospitalità sono stati gli ingredienti vincenti di questo itinerario. 

 D. Che impressione ti sei fatto dei pellegrini che intraprendono questo Cammino?

Direi che per un buon 80-85% non lo affrontano per motivi religiosi. Decidono di intraprenderlo per il semplice fatto che fa bene, perché è un modo naturale per conoscere, perché camminando si arriva ad avere una maggiore introspezione e autocoscienza. Però è vero che camminare cambia: quando arrivi non sei lo stesso di quando sei partito. Qualcuno all’inizio ha motivazioni superficiali: magari lo fa per spirito di emulazione, per fare qualcosa di alternativo, per seguire qualcuno, poi però questa esperienza diventa una folgorazione, un bisogno, e non vede l’ora di ripeterla.
Sono tante anche le donne che decidono di camminare da sole perché è un percorso fattibile, ben tenuto e presidiato. Anche i pensionati, quando non sono troppo impegnati con i nipoti, vengono volentieri, anzi, si scatenano.
In questa ottica non conta solo avere una meta, anche se Montecassino è un luogo storicamente suggestivo perché si è consumata la battaglia più cruenta della Seconda guerra mondiale, con la città di Cassino rasa al suolo dagli alleati e il vicino monastero totalmente distrutto, fatta salva la tomba dei santi Benedetto e Scolastica. Il percorso è stato studiato bene da Simone, anche perché include sei tra i Borghi più belli d’Italia: Norcia, Monteleone di Spoleto, Castel di Tora, Orvinio, Percile (raggiungibile da Orvinio nel percorso in bici) e Subiaco. 

D. Oltre all’aspetto culturale c’è l’aspetto della natura.

 Qui ci sono faggete, querceti… Un pellegrino, che fa lo psicologo, mi ha fatto notare che camminando in questa aria tersa dei boschi si respira il 30 per cento di ossigeno in più. Ed è anche questo a regalare benessere al corpo ed euforia alla mente.
Poi siamo in un territorio ricchissimo d’acqua. Il Reatino ha uno dei bacini idrografici più generosi d’Europa. Qui vicino abbiamo il lago del Turano, poi c’è la valle dell’Aniene, un fiume limpidissimo, utilizzato dai tempi degli antichi Romani, con tre acquedotti, e in Ciociaria ci sono le Gole del Melfa con pareti a strapiombo e paesaggi mozzafiato.
L’acqua e i boschi rendono il Cammino di San Benedetto fresco e ombroso anche in piena estate. E perfino in inverno qui si sta bene: è raro che faccia troppo freddo. 

D. Cosa ne pensi del lago artificiale del Turano?

Per molti del posto rappresenta una ferita aperta. La diga ha avuto lo scopo di produrre energia elettrica a favore dell’industria bellica di Terni, dove vi erano le acciaierie. Per questo, durante la Seconda guerra mondiale, la città fu bombardata 108 volte, praticamente fu rasa al suolo. Per gli abitanti dei borghi i terreni vicino al fiume, particolarmente fertili, quando ci fu l’espropriazione non furono pagati il giusto. Le nuove generazioni, invece, intravedono nel lago una opportunità per favorire il turismo, come è stato per il vicino lago del Salto, dove si allena la Nazionale italiana di sci nautico.
Il problema è che il livello del lago viene alzato o abbassato in continuazione e in modo variabile dai tre ai sei metri. Recentemente si è pensato a piattaforme galleggianti per renderlo più accessibile. 

D. Come ti poni in qualità di ospitaliero nei confronti dei pellegrini?

L’ostello è la struttura ricettiva ideale per stare insieme e viene apprezzato dal pellegrino che ama l’aspetto della condivisione. Spesso è un viaggiatore evoluto, educato, discreto e “leggero”, cioè non chiassoso: è rispettoso al punto che quasi non lascia traccia. Tanti si levano le scarpe prima di entrare e chiedono “permesso”. Quando parla dice cose profonde. A me in realtà la parola “pellegrino” sta stretta, perché in romanesco significa “sbandato”, una persona che vaga senza meta.
Preferisco “anime in cammino”: in questa espressione c’è l’idea del camminare ma anche della trasformazione che avviene. Ultimamente poi, dato che ognuno è diverso dall’altro e ha una sua storia da raccontare, ho preso a definire i pellegrini “storie”.
Dico, per esempio: “Oggi sono arrivate due storie da Padova”.
A me piace intrattenermi per un’oretta con le persone che si fermano da noi: ci scambiamo informazioni.
Io parlo del territorio, della mia vita, e loro parlano dei loro campi di interesse, delle loro vite. Ogni anno ascolto dieci, quindici racconti che trovo eccezionali.
Poco prima della nostra intervista, per esempio, c’era una ragazza di Padova che stava seguendo un master di “accompagnamento alla morte”: a pellegrini di grande spessore umano e valoriale come lei chiedo sempre di suggerirmi un paio di titoli di libri per approfondire gli argomenti. Accostandomi a persone di cultura mi accorgo che sto crescendo con loro. Lo scambio è reciproco, la trasformazione è reciproca.

D. Hai parlato di come vivi il tuo ruolo di ospitaliero e delle sorprendenti storie dei pellegrini, ma ci sono anche i racconti degli abitanti del territorio, che hai saputo valorizzare tramite la tua idea dei Borghi narranti.

La Regione Lazio ha finanziato questa iniziativa, che coinvolge Orvinio e altri comuni vicini e può essere estesa ulteriormente. Abbiamo raccolto interviste agli anziani, la memoria storica dei nostri territori che sono andati via via spopolandosi. La “stoccata” è avvenuta negli anni Sessanta e Settanta, quando tanti emigravano a Roma per il “posto fisso”. Sono due gli argomenti delle interviste: i luoghi di aggregazione e le attività che reggevano l’economia nei tempi andati.
Poi un’artigiana, Graziella Cestari, ha dipinto mattonelle di ceramica con scene che condensano i racconti.
Noi abbiamo appeso le mattonelle per le vie del borgo: vi è sopra un QR Code ricevibile dal cellulare che rende fruibile l’intervista a qualsiasi curioso in qualsiasi momento. In questo modo i borghi si animano di racconti istruttivi, ma anche commoventi e spiritosi. I nostri anziani sono contenti di contribuire con le loro testimonianze a vivacizzare i borghi, a renderli interessanti.
Le interviste sono visibili anche sul web: www.borghinarranti.it

D, Cosa è emerso da queste interviste sulla geografia umana e ambientale del luogo?

Intanto abbiamo una mappa più accurata dei territori per come erano. Molte aree un tempo produttive sono ricoperte di vegetazione, di boschi. Abbiamo scoperto attività un tempo fiorenti e adesso totalmente dimenticate, come la produzione della canapa, di cui l’Italia era leader in Europa, utile per la produzione di carta, di tessuti resistenti, di corde.
Dopo la Seconda guerra mondiale fu proibita: fu vista esclusivamente come sostanza stupefacente, come minaccia alla salute, non più come fibra naturale trattata in modo sapiente da generazioni. Tornando alla civiltà dei nostri anziani, un tempo qui il concetto di denaro era pressoché sconosciuto.
Il 70 per cento del fabbisogno si produceva direttamente e il resto si scambiava, per esempio, nelle fiere, che erano importantissime.

  D. Maurizio, qual è il tipo di turismo adatto a preservare questi luoghi creando microeconomie utili al territorio?

 Il nostro territorio è un paradiso per il bassissimo inquinamento dell’aria e delle acque, e per la scarsa presenza di onde elettromagnetiche. L’ambiente è incontaminato al punto che a Orvinio arrivano persone malate di MCS, Multiple Chemical Sensitivity Syndrome (sindrome da sensibilità chimica multipla). Per preservare questo ecosistema, ritengo che possa funzionare un turismo non superiore al 30 per cento dell’economia. Il resto dovrebbe essere costituito da altre attività.

D. The Guardian nell’articolo “10 of the best long-distance walking routes in Italy” indica il Cammino di San Benedetto subito dopo quelli di Santu Jacu (San Giacomo Maggiore) in Sardegna e delle Terre Mutate, da Fabriano all’Aquila, attraverso i territori scossi dal terremoto del 2009.
Questo significa che viene apprezzato anche all’estero.

Il Cammino è apprezzatissimo all’estero: i pellegrini stranieri sono venuti anche quest’anno, benché frenati dal Covid-19. Molto dipende dalla pubblicazione delle guide nelle rispettive lingue o nella lingua inglese che è internazionale. Una guida in tedesco ci ha portato un flusso crescente non solo di tedeschi, popolo di camminatori, ma anche di austriaci, belgi, olandesi.
La guida tradotta in inglese ha portato più gli americani che gli stessi inglesi.
A proposito di americani, vorrei segnalare il libro Sun, Storm, and Solitude - Discovering Hidden Italy on the Cammino di San Benedetto, scritto dal settantenne statunitense Karl Keating, che ha fatto esperienza diretta dei nostri sentieri lo scorso anno.
Ogni tanto si affacciano pure turisti ispanici, portoghesi e brasiliani.
Il Cammino ha enormi prospettive perché gli stranieri apprezzano le nostre caratteristiche: i piccoli borghi, lo stile di vita, l’alimentazione. 

Intervista di Stefania Nigretti

Photo Courtesey
Maurizio Forte
@debbisannaimages
Antonio Polito, Mons. Liberio Andreatta, Gaetano Quaglierello

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