Negli spazi espositivi del Comune di Milano per il 2020, come sottolinea l’assessore alla Cultura della città meneghina Filippo Del Corno, è prevista la valorizzazione dei talenti femminili. La mostra L’intelligenza non ha sesso – Adriana Bisi Fabbri e la rete delle arti (1900-1918), al Museo del Novecento, in piazza Duomo 8, a Milano, fino all’8 marzo 2020, anticipa in questa ottica il palinsesto del 2020. Il percorso espositivo della mostra sulla caricaturista e pittrice Adriana Bisi Fabbri (Ferrara 1881 - Travedona Monate 1918), la cui intensa attività, data la prematura scomparsa, si svolse soltanto nei primi due decenni scarsi del secolo scorso, si dipana nelle stanze degli Archivi del Novecento al quarto piano del Museo.Il luogo è più che mai appropriato perché la riscoperta e la ricollocazione di questo talento creativo nel panorama artistico globale, che deve molto alle curatrici della mostra Giovanna Ginex e Danka Giacon, passa anche e soprattutto attraverso il Fondo arichivistico conferito al Museo nel 2005 dalla famiglia Bisi Crotti cioè dagli eredi del figlio primogenito di Adriana, Marco Bisi, che visse per novantaquattro anni e conservò ogni cosa della madre, compresa la tavolozza che usava per dipingere. E il nucleo centrale di questo Fondo è costituito dalla fitta corrispondenza epistolare tra i suoi genitori. Un lungo e paziente lavoro di analisi delle informazioni in archivio, dunque, è stato essenziale e si è avvalso anche della preziosa collaborazione di Valentina Plebani, studentessa e assistente all’Ufficio Patrimonio del Museo.
Tra lettere, cartoline e bozzetti, in mostra ci sono quadri significativi dell’artista, raccolti grazie alla collaborazione con diversi musei. Scelto come immagine iconica, c’è anche un suo autoritratto a figura intera in abiti maschili, una stravaganza per l’epoca ma un’esigenza per Adriana Bisi Fabbri, che voleva dimostrare al mondo il suo valore di artista a prescindere dalla sua appartenenza di genere.
L’assessore alla Cultura Del Corno tiene a precisare quanto Adriana Bisi Fabbri sia esemplare per come si è imposta al contesto sociale in cui ha operato, non particolarmente propenso a riconoscere a una donna un ruolo in terreni che non fossero strettamente famigliari.
La figura di Adriana Bisi Fabbri è esemplare anche per la complessità che esprime. Creatrice di moda, costumista, illustratrice, caricaturista, pittrice: sono state tante le sue declinazioni artistiche, che spesso si alimentavano vicendevolmente, e hanno richiesto un approccio multidisciplinare perché le varie istanze emergessero a formare un quadro coerente.
E pensare che la ferrarese Adriana era autodidatta: aveva disegnato fin da piccola e avrebbe voluto studiare ma non poté perché il padre Aldo, con cui lei non andava d’accordo, aveva il vizio del gioco e aveva sperperato il patrimonio di famiglia. Per mantenersi Adriana aveva fatto lavori come la ricamatrice, la sarta e la disegnatrice di figurini. Ma l’impegno nel lavoro della giovane non andò sprecato: le fu utile per avviare collaborazioni nell’ambito della moda. Spinta dalla determinazione, arrivò a lavorare con importanti riviste femminili come La donna di Torino, nel 1911. In mostra si vedono alcuni figurini e un tessuto con la stampa di un cavalluccio marino da lei ideato. Ormai affermata, riuscì perfino a disegnare scenografie e costumi per uno spettacolo teatrale a Cremona nel 1916.
Il 1911 è stato un anno importante per Adriana in veste di caricaturista, anche perché aveva ottenuto la medaglia di bronzo presentando alcune tipologie femminili al Frigidarium, esposizione universale di umorismo tenutasi al Castello di Rivoli, vicino a Torino: questa e altre esperienze l’avevano resa forte nel suo convincimento di proseguire la sua strada in questo campo.
Il primo disegno databile di Adriana è un autoritratto del 1900. Lei, per quanto non avesse frequentato corsi accademici, apparteneva a una famiglia di artisti: la madre Olga era imparentata con il decoratore e pittore ferrarese Alessandro Mantovani (1814-1892), che aveva operato a Roma, e la figlia di lui, Rosina (1851-1943), anch’essa pittrice, trasferitasi a vivere a Parigi nei primi anni del Novecento, aveva ottenuto un discreto successo.
Inoltre Adriana dal 1901 aveva vissuto a Padova dalla cugina della madre, Cecilia Forlani in Boccioni, e dalla figlia maggiore di lei, Amelia: ebbe così modo di conoscere e di frequentare anche il pittore futurista Umberto Boccioni (1882-1916), figlio di Cecilia e fratello di Amelia, il quale, nel 1904, la ritrasse in un quadro a olio presente in mostra.
Nel 1904 Adriana cominciò a frequentare Giannetto Bisi (Ferrara 1881 - Verona 1919), suo conterraneo, giornalista con ambizioni letterarie: si sposarono nel 1907. Giannetto l’amò e la sostenne per tutta la vita, aiutandola concretamente nella sua attività e condividendo con lei interessi e conoscenze. I coniugi erano spesso lontani per lavoro, che svolgevano sovente in città italiane differenti, ma erano sempre vicini nel cuore e nella mente, come si evince dalle numerose lettere e cartoline fatte di parole e di disegni, ricche di ardore e di progettualità. Ebbero due figli, Marco, nel 1908, e Riccardo, nel 1913. Vissero insieme a Bergamo fino al 1913, quindi per breve tempo a Mantova, infine, dal 1914, a Milano, dove lei si sentiva al centro del mondo e dove, in via San Primo, ebbe finalmente una stanza tutta per sé da adibire a studio.
Quando, nel 1915, vestita da uomo, Adriana Bisi Fabbri si propose come caricaturista al Popolo d’Italia, il quotidiano fondato a Milano da Benito Mussolini l’anno precedente, di cui Adriana condivideva l’interventismo, allo scetticismo con cui fu accolta dalla redazione maschile che aveva di fronte oppose la frase: “L’intelligenza non ha sesso” e sottopose ai suoi interlocutori le proprie tavole, vergate con lo pseudonimo “Adrì”, lasciandoli prima ammutoliti e poi ammirati. Diventò una firma del giornale.
Oltre a proseguire la sua carriera di caricaturista, Adriana Bisi Fabbri continuò a dedicarsi anche alla pittura, fino a sviluppare un tratto fortemente espressivo, non ascrivibile a una corrente precisa, anche se affine alla Secessione viennese almeno nel concetto di fusione delle arti.
Negli ultimi anni, influenzati dalla terribile eco della Prima guerra mondiale, il suo stile divenne ancora più essenziale e si connotò di venature drammatiche.
Ogni primo e terzo martedì del mese alle ore 15.30 visita guidata gratuita alla mostra (massimo 25 persone) con ingresso libero al Museo.
Testo e foto di Stefania Nigretti
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