Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. (Saramago)
Per la gente di mare i travagli non vengono dal suolo, per la gente di mare i travagli si abbattono dal cielo, si chiamano vento e bufera, sono loro che sollevano onde e cavalloni, creano tempeste, strappano la vela, spezzano l'albero maestro, fanno affondare il legno fragile, e il luogo in cui questi uomini di pesca e di navigazione muoiono, veramente, è fra il cielo e la terra, il cielo che le mani non raggiungono, il suolo cui i piedi non arrivano. (Saramago)
Già da più notti s’ode ancora il mare, lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce. Eco d’una voce chiusa nella mente che risale dal tempo; ed anche questo lamento assiduo di gabbiani: forse d’uccelli delle torri, che l’aprile sospinge verso la pianura. Già m’eri vicina tu con quella voce; ed io vorrei che pure a te venisse, ora, di me un’eco di memoria, come quel buio murmure di mare. (Quasimodo)
Questo odore marino che mi rammenta tanto i tuoi capelli, al primo chiareggiato mattino. Negli occhi ho il sole fresco del primo mattino. Il sale del mare...Insieme come fumo d’un vino, ci inebriava, questo odore marino. Sul petto ho ancora il sale d’ostrica del primo mattino. (Caproni)
Nel vuoto sguardo dei vetri, ride il mattino. Con tutti i suoi denti azzurri e scintillanti. Gialli, verdi e rossi, ai balconi si cullano le tende.
Ragazze dalle braccia nude stendono panni. Un uomo; dietro una finestra, il binocolo in mano.
Mattino chiaro dagli smalti marini, Perla latina dalle liliali lucentezze:
Mediterraneo.
II°
(…)
Rassicurante passato, oh, Mediterraneo!
Sulle tue rive ancora voci trionfano che si son taciute,
ma che affermano poiché ti hanno negato!
(…)
Mediterraneo! E’ fatto per noi il tuo mondo,
l’ uomo si unisce all’ albero e in essi l’ Universo
recita camuffato
La commedia della Sezione Aurea.
Dall’ immensa semplicità senza scosse
Scaturisca la pienezza,
Oh natura che non conosci salti!
Dall’ ulivo al Mantovano, dalla pecora al pastore,
nient’ altro che l’ indicibile comunione dell’ immobilità.
Virgilio intreccia i rami, Melibeo conduce a pascolare.
Mediterraneo!
III°
Alla sera che sopraggiunge, la giacca in spalla
Egli apre la porta –
Lambito dai riflessi della fiamma, l’ uomo attraversa la sua
Felicità e si dissolve nell’ ombra.
Così gli uomini torneranno su questa terra, sicuri
D’ essere perpetuati.
Più esausti che infastiditi di aver saputo.
Nei cimiteri marini sola è l’ eternità.
Là, l’ infinito s’ affatica ai funebri fusi.
Non trema la terra latina.
E come il tizzone dissonante volteggia
Nell’ apparenza immobile d’un cerchio,
Indifferente, l’ inaccessibile ebbrezza della luce appare.
Ma ai suoi figli, questa terra apre le braccia e fa sua
La loro carne,
Pregni, questi si sbramano del sapore segreto
Della trasformazione – lentamente l’ assaporano
(Camus)
A mano a mano che la scoprono
IV°
E presto, ancora e dopo, i denti, i denti
Azzurri e scintillanti.
Luce! Luce! È in lei che l’ uomo si compie.
Polvere di sole, scintillio d’ armi,
Essenziale principio dei corpi e dello spirito,
In te i mondi s’ affinano e si umanizzano,
In te noi ci rendiamo e i nostri dolori si elevano.
Incombente antichità
Mediterraneo, oh, mar Mediterrane!
Soli, nudi, privi di segreti, i tuoi figli attendono la morte.
La morte te li renderà, puri, finalmente puri.
(Camus)
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