Sono stato quattro giorni in Lettonia per un visita finalizzata soprattutto a testare il sistema di trasporti di uno dei meno conosciuti membri dell'Unione Europea. La Lettonia, come le confinanti Lituania a sud ed Estonia a nord, è uno dei tre Paesi baltici che nel 1991 proclamarono l'indipendenza dall'Unione Sovietica in disfacimento e successivamente si sono integrati economicamente e militarmente con l'Occidente. Questo anelito di libertà è orgogliosamente rivendicato nel Museo delle tre occupazioni (sovietica, nazista poi ancora sovietica) che si sono susseguite per oltre mezzo secolo a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. In Lettonia, che conta 65 mila chilometri quadrati e meno di due milioni e mezzo di abitanti, si parla una lingua di ceppo baltico (mentre in Estonia prevale un idioma simile al finlandese) ed i cattolici costituiscono una piccola minoranza (a differenza della contigua Lituania). La capitale, Riga, è di gran lunga la città più popolosa (730.000 abitanti), rispetto alle altre capitali baltiche, Tallinn e Vilnius, e ciò la rende una piccola metropoli della regione.
Quindi la rete del trasporto pubblico a trazione elettrica è qui molto estesa. Pur in assenza di linee metropolitane vere e proprie, si contano cinque linee ferroviarie suburbane, nove linee tranviarie e una rete filoviaria di oltre 300 km (a Tallinn si può trovare qualche linea tranviaria e filoviaria, a Vilnius solo filobus, anche se l'aeroporto è raccordato su rotaia col centro, a differenza del piccolo ma efficiente scalo internazionale lettone). Il sistema presente a Riga è dunque certamente il più interessante. In treno suburbano si può raggiungere la lunghissima spiaggia di Jurmala (circa 25 chilometri di sabbia), servita da numerose stazioni suburbane che toccano le varie località balneari. I tram hanno un aspetto un poco desueto – soprattutto perché l'alimentazione è ancora captata con l'asta – ma sono ben tenuti, spaziosi (viaggiano spesso accoppiati) e abbastanza veloci, potendo contare su lunghi parterre in sede propria. Su alcune linee è entrato in funzione materiale rotabile moderno a pantografo, mentre nei fine settimana circola un veicolo storico stile “belle Epoque” a beneficio dei turisti. I filobus a una o due casse sembrano tutti molto recenti. Le tariffe, sostanzialmente contenute, includono biglietti di libera circolazione di uno o tre giorni.
L'adesione dei Paesi Baltici, e della Lettonia in particolare, alla Comunità Europea - logica conseguenza della convinta adozione dell'economia di mercato – non ha pregiudicato dunque gli investimenti nel trasporto pubblico, nonostante la rapida diffusione della motorizzazione privata, alquanto disincentivata ai tempi del socialismo reale. E' la stessa tendenza che si è potuta osservare in altre nazioni dell'Est, come la Polonia, la Repubblica Ceca, l'Ungheria e l'ex DDR. Non sempre così è avvenuto nella vecchia Unione Sovietica, dove la carenza di liquidità e di parti di ricambio, sommata alla concorrenza selvaggia dei minibus privati, ha causato l'abbandono di parecchie reti su ferro (per esempio a Baku o a Tbilisi) e il notevole ridimensionamento di altre, come San Pietroburgo.
Senza contare le politiche filo motoristiche di alcuni autocrati, come un sindaco di Taskent, che ha smantellato una rete tranviaria rinnovata per dare spazio alle auto, o quello di Mosca, che sembra intenzionato ad eliminare i filobus. Deliri urbanistici che ci riportano ai nostri anni Cinquanta e dai quali in Occidente sembriamo esserci per fortuna vaccinati. Se in ambito urbano, sulla costa baltica, si vedono discrete realizzazioni, non altrettanto buona è la situazione del trasporto ferroviario. Anche se la città è circondata da imponenti scali ferroviari, a parte le citate linee suburbane a trazione elettrica che si irradiano fino a 30/50 chilometri per servire i flussi pendolari, il grosso del traffico a lunga distanza, sia merci che passeggeri, è tuttora tributario della Russia, come del resto avviene a Tallinn e a Vilnius. E naturalmente subisce i contraccolpi dei rapporti non sempre idilliaci con l'ingombrante vicino.
Sono state mantenute alcune relazioni a lungo percorso verso Mosca e Minsk – anche perché metà della popolazione lettone è di origine russofona e conserva stretti legami con la madrepatria – mentre mancano servizi diretti non solo con le città dell'Unione Europea, ma anche verso le altre capitali baltiche. Questo perché le ferrovie (a scartamento largo sovietico: 1.524 mm) erano state concepite per servire i traffici est-ovest e non quelli nord-sud. Perciò, pur esistendo binari di raccordo tra Estonia, Lettonia e Lituania, i tracciati non sono competitivi con la strada e gli autobus a lungo raggio hanno spodestato i treni.
Non a caso, contigua alla stazione ferroviaria di Riga, si trova la più trafficata autostazione, da cui partono corse verso gran parte delle metropoli europee, incluse Berlino, Vienna e persino Sofia (passando per Lituania, Polonia, Slovacchia, Austria, Ungheria e Serbia, quest'ultima attraversata a porte chiuse, essendo per ora esterna alla UE).
La bella autostazione, dotata di tutti i servizi comuni ad un importante terminal, si trova di fronte ai grandi mercati coperti che sono stati ricavati dai giganteschi hangar costruiti negli anni Trenta per gli idrovolanti. Questa situazione potrebbe cambierà con la realizzazione della progettata “Via Baltica”, un ferrovia veloce che da Varsavia dovrebbe raggiungere Tallinn, passando per Riga e consolidando quindi i precari collegamenti su ferro con l'Unione Europea. In Lettonia non si vedono ancora tracce dei relativi lavori, ma pare che i nuovi binari siano gà penetrati in Lituania.
Per provare lo stato dei trasporti interni abbiamo effettuato un'escursione in giornata fino a Daugavpils, la seconda città lettone, situata a circa 220 km ad est della capitale, in prossimità del confine bielorusso. Anche Daugavpils, come pure Liepaja, è dotata di una discreta rete tranviaria, pur con veicoli meno recenti rispetto a Riga.
Il viaggio d'andata lo abbiamo percorso in autobus con posti assegnati, il ritorno in treno (uno dei pochi “intercity” lettoni). Tempo di percorrenza (circa 3h30', ma c'è un treno più veloce che impiega “solo” 2h45') e prezzi sono pressoché sovrapponibili. Sia le stazioni ferroviarie, sia le autostazioni – anche nelle cittadine di provincia – sono in ottimo stato, prive di vandalismi e dotate di buoni servizi (biglietterie, sportelli informativi, caffetterie).
Il confronto con l'Italia – specie per quanto riguarda le autostazioni, da noi assenti o in pessimo stato – è purtroppo impietoso. Va menzionato l'ottimo museo ferroviario presente a Riga, che ospita locomotive e vetture in buono stato di conservazione in un piazzale raccordato alla rete, oltre ad una parte coperta con diorami, plastici libri ed oggetti (per esempio le valige dei viaggiatori di un tempo ed il loro contenuto) di grande interesse anche sotto il profilo storico e sociologico. Che si tratti di una “location” particolarmente apprezzata lo dimostra il fatto che al suo interno si stava preparando una sfilata di moda, con tanto di modelle intente al trucco. Niente male per una piccola nazione ai margini del nostro continente.
Massimo Ferrari