Fino al 1927 Finalborgo, Finale Marina e Finalpia, nel Savonese, erano tre unità vicine eppure distinte. Poi furono fuse a formare la città di Finale Ligure, oggi meta ambita di turismo. Ognuno dei tre borghi è una sorpresa e mantiene le sue specificità. Finalborgo, nell’entroterra, circondata da mura medievali e da un fossato, è uno dei Borghi liguri più belli d’Italia: sullo sfondo di alture verdeggianti, è sovrastata dai ruderi dall’antico Castel Gavone, dimora dei marchesi Del Carretto, distrutto dai genovesi ma ancora riconoscibile con la sua splendida Torre dei Diamanti a forma di carena, e dal secentesco Castello di San Giovanni, costruito poco più in basso dagli spagnoli durante la loro dominazione, perfettamente conservato e oggi teatro di rievocazioni storiche.
Tra le tante che si rincorrono nel corso dell’anno, mi piace segnalare il “Dinô da nuxe”, la cena della noce, a ridosso dell’Epifania: una festa in costume medievale piena di allegria e aperta a tutti, con spettacoli di arcieri, falconieri e spadaccini, dame e cavalieri, compresi Giovanni del Carretto e la sua sposa, che donano a gruppetti di visitatori un sacchettino di noci, in ricordo dell’antica usanza che vedeva i bambini del borgo protagonisti; i piccoli correvano per le strade e, affamati, bussavano ai portoni per ottenere noci, tisane speziate e altre prelibatezze in serbo per loro nelle case. Per le stradine di Finalborgo, ricoperte di ciottoli, animali fantastici in ferro battuto animano ogni angolo e fiorisce l’artigianato locale: abiti e tessuti variopinti realizzati a telaio, bijoux deliziosi e la merceria di una volta con mezzeri genovesi riccamente decorati di flora e fauna per letti singoli o doppi. Al Teatro delle Udienze c’è la nuova stagione densa di spettacoli, mentre nel trecentesco complesso conventuale di Santa Caterina, sede anche di una moderna biblioteca, con i suoi chiostri rinascimentali, non mancano mostre e variegate iniziative culturali. Finalborgo è anche meta di rocciatori e di amanti del “rampichino” mentre le mountain bike trovano il loro paradiso in questo entroterra dagli scorci mozzafiato e i rocciatori hanno di che divertirsi nella pietra calcarea che contraddistingue il territorio carsico finalese e permette loro i più arditi tecnicismi. E dopo tanto sport come possono mancare gli sfizi gastronomici? Gelati arricchiti di frutta di stagione o composti di sorprendenti creme per i palati più esigenti la fanno da padrone. C’è cibo locale per vegani, come il minestrone alla ligure e le torte salate di verdure, e c’è cibo per “onnivori” alla ricerca magari di stinco con patate. Una piccola, ma agguerrita, enclave argentina permette infatti di assaporare tagli di carne preparati con sapienza e zuppe di stagione. Non posso non menzionare un amabile bistrot salentino aperto la sera appena fuori le mura, per il cibo dagli abbinamenti spesso sorprendenti, per la location proprio di fronte alla suggestiva porta principale e al campanile della chiesa di San Biagio e per le proposte di musica dal vivo.
Finale Marina è il più frequentato dei tre borghi, in quanto meta di mare prediletta di tanti torinesi, bandiera blu anche per l’ottima offerta di servizi. La stazione ferroviaria è vicina e i collegamenti di pullman e autobus sono pressoché continui. Qui c’è una buona offerta di stabilimenti balneari in estate, mentre alberghi, ristoranti e negozi di vario tipo, comprese ottime focaccerie e pastifici, sono aperti tutto l’anno.
Il lungomare è bellissimo, punteggiato di panchine e rigoglioso di piante tropicali, curatissime. Personalmente adoro prendere un buon caffè in centro, magari accompagnato da un bacio “cioccolatoso” di Finale o dai chifferi di pasta di mandorle al sentore di agrumi, e ritrovarmi nella piazza prospicente la chiesa matrice di San Giovanni Battista, magnificamente restaurata nella sua facciata barocca. Intorno all’edificio religioso si è sviluppato il nucleo originario del borgo con imponenti palazzi nobiliari. In questa piazza c’è un incantevole negozietto di libri illustrati.
A Finale Marina, grazie anche all’impegno di chi porta avanti da decenni la cultura dei libri, le iniziative legate alla lettura sono di ottimo livello. Le presentazioni di libri con gli autori, molto seguite, aprono la mente all’attualità e creano aggregazione. Proprio dietro la chiesa, sulla destra, c’è la trattoria che porta il nome degli antichi abitanti del borgo, gli gnabbri, dediti alla sistemazione delle barche da pesca. Il menù, come il nome fa supporre, attinge a piene mani dalla tradizione, di mare e di terra, riproposta però in chiave moderna. Pregusto già le tagliatelle di castagne ai funghi porcini e il dessert al Pernambuco, l’arancia del Finalese.
Tra i monumenti, segnalo l’ottocentesco teatro Camillo Sivori, chiuso dal 1956, di cui è in corso un sostanzioso restauro, speriamo in dirittura d’arrivo; e un paio di archi commemorativi, uno, secentesco, dedicato all’infanta Margherita Teresa di Spagna, sul lungomare, prospicente l’ampia piazza Vittorio Emanuele II, dove affacciano alcuni locali specializzati in aperitivi, gelaterie ecc.; e l’altro, ottocentesco, dedicato a Carlo Alberto di Savoia che porta nei caruggi partendo da Finalpia.
Su un promontorio, quasi al confine con Finalpia, c’è quello che resta dell’imponente fortezza trecentesca di Castelfranco, voluta dai genovesi, poi passata ai Del Carretto, riconquistata dai genovesi e quindi occupata dagli spagnoli in un susseguirsi di parziali demolizioni e ricostruzioni che hanno segnato i passaggi di potere nei secoli.
Ed eccoci a Finalpia, il rione forse meno noto e direi ancora poco valorizzato, anche se in tempi recenti sono stati fatti investimenti per il suo recupero con la creazione di una zona pedonale ricca di attività commerciali, con relativo rifacimento del selciato di alcune vie. Si tratta di un borgo antico cresciuto intorno alla duecentesca abazia benedettina di Santa Maria. La chiesa, ricostruita nel Settecento in stile barocco, ha ancora il campanile originario caratterizzato da bifore e pietre a vista. I monaci olivetani dell’annesso monastero custodiscono arnie che producono miele, con cui sanno realizzare anche una grappa speciale, oltre a caramelle balsamiche, tisane di erbe, creme curative ed estetiche. Un giro per le strade nei pressi dell’abazia conduce qui e là ad abitazioni con orti chiusi in cui fanno capolino alberelli di agrumi. Posta tra la campagna e il mare, Finalpia è caratterizzata dalla presenza del torrente Sciusa e si collega a Calvisio, nell’entroterra, meta di escursionisti alla scoperta di antiche vestigia romane, come i ponti, ancora poco conosciuti ai più. Si può poi fare un giro alla ricerca di antichi frantoi quattrocenteschi, poiché questa è terra di olio e olive.
È priva di difficoltà e carica di emozioni la passeggiata sul lungomare da Finalpia a Varigotti. La fortissima mareggiata con raffiche di vento e onde fino a 10 metri dello scorso autunno ha eroso solo un brevissimo tratto facilmente bypassabile. Il percorso, che si snoda a picco sul mare cristallino, procede attraverso un promontorio detto il Castelletto per via di una bellissima dimora merlata, costeggia anche il Porto turistico della marina di Capo San Donato, e procede tra cespugli di profumata macchia mediterranea, agavi giganti, scogli con cormorani e voli di gabbiani fino all’antico borgo marinaro di Varigotti.
Qui si conclude il mio excursus di Finale Ligure: spero di avervi almeno incuriosito perché queste tre Perle del Mediterraneo meritano davvero una visita.