Quella della Brianza è una vocazione turistica difficile, sicuramente incompiuta e incerta, e la questione è spesso dibattuta. Il territorio è molto antropizzato e la cementificazione in diverse aree è serrata. Capannoni industriali e centri commerciali proliferano, e il consumo del suolo, che in certi contesti è veramente molto intenso, segue logiche e volontà spesso lontane da quelle della preservazione o anche semplicemente dell'estetica, come se l'attenzione all'ambiente in cui si vive non fosse esso stesso un valore da difendere o una priorità da perseguire. Soprattutto l'appassionato di cose d'arte fatica a trovare richiami, e finisce per indirizzarsi altrove nonostante, a ben vedere, la Brianza possegga diverse emergenze artistiche e monumentali di assoluto rilievo, tali da poter attirare un ben maggiore afflusso di visitatori. Emergenze artistiche e monumentali che l'attento viaggiatore interstiziale non mancherà di conoscere ed amare, ma che non sempre risultano adeguatamente valorizzate o comunicate a un'utenza più vasta. In questo senso, meritorie sono le iniziative di divulgazione del patrimonio artistico locale, come Ville Aperte, una manifestazione promossa dalla Provincia di Monza e Brianza che una volta all'anno propone visite guidate in molti luoghi altrimenti chiusi o comunque un po' nascosti e non facilmente fruibili, e dei quali non solo il turista, ma spesso anche la stessa popolazione ha scarsa coscienza.
Uno tra i più notevoli di questi luoghi è certamente la chiesa conventuale di San Vittore a Meda, della quale si propone qui sotto una descrizione tratta dal materiale divulgativo distribuito in occasione di una passata giornata delle Ville Aperte. La chiesa, insieme alla Villa Antona Traversi, che è il risultato della trasformazione dell'antico convento da parte dell'architetto Leopold Pollack a inizio Ottocento, si trova nel suggestivo scenario della acciottolata piazza Vittorio Veneto, luogo di grande pregio ambientale. Durante il corso dell'anno è aperta al pubblico ogni ultima domenica del mese, tranne a dicembre, ed è visitabile gratuitamente con l'ausilio delle guide della Associazione Amici dell'Arte.
La chiesa di San Vittore fu fatta costruire a partire dal 1520 dalle monache del monastero di Meda per sostituire l'antica e assai più piccola chiesa medievale posta all'interno del cenobio. L'edificio fu progettato agli inizi del secolo XVI secondo lo schema monastico della doppia chiesa, schema detto di Santa Giustina o Cassinense, che prevedeva la divisione in due dell'aula: la parte interna era riservata alle monache, mentre la esterna veniva aperta al pubblico. La parte interna ha subito radicali modifiche ad opera di Leopold Pollack ed ora è divisa in due nel senso dell'altezza nelle due sale denominate Sala del Coro e Limonera. L'esterna invece ci è giunta pressoché intatta come la lasciarono le monache al momento della soppressione del cenobio, il 31 maggio 1798. Il nome dei progettisti ci è ignoto, ma i nomi più accreditati sono Cesariano e Dolcebuono. Ben chiara invece è la matrice della preziosa decorazione pittorica: un ciclo completo che copre ogni angolo della chiesa, opera di Bernardino Luini e della sua scuola.
Nella prima cappella di sinistra è pittoricamente narrata la vicenda della fondazione del monastero, con Aimo e Vermondo assaliti dai cinghiali. La seconda cappella, dedicata alla Vergine del Rosario, è arricchita da una statua in legno dorato del secolo XVI. Inginocchiata di fianco alla Vergine, in atto di preghiera, vediamo ritratta Maria Cleofe Carcano, la badessa dei primi del Cinquecento coeva alla costruzione della chiesa. L'ultima cappella, priva di altare, contiene in apposita nicchia il Mortorio, scena della deposizione di Cristo con statue lignee policrome a grandezza naturale, già così composto alla fine del Cinquecento. Nella cappella di fronte, l'ultima a destra, sono dipinte scene della vita dei santi Pietro e Paolo. Poi viene l'altare di San Carlo, che visitò il monastero nell'anno 1581, con la statua del santo rivestita di abiti pontificali al naturale. Proseguendo troviamo gli affreschi dell'Adorazione dei Magi e del Battesimo di Gesù, forse i primi eseguiti e caratterizzati da una pellicola pittorica differente. Sempre luinesco e di pregio particolare è il fregio sottostante la volta, ornato di tondi con le effigi di profeti e santi.
Qualche anno dopo la consacrazione della chiesa (1536), Giulio Campi affrescava la parete retrostante l'altare maggiore. Del suo lavoro restano ai due lati gli affreschi delle Pie Donne e della Deposizione, mentre il centro è oggi occupato dall'imponente pala d'altare che rappresenta Cristo in gloria, opera di Giovan Battista Crespi detto il Cerano. La pala fu qio collocata nel 1626, in occasione dell'arcivescovo di Milano Federigo Borromeo, quando fu costruito il nuovo altare ad intarsi marmorei, realizzato per conservare i resti dei santi Aimo e Vermondo, i due fondatori del monastero nella prima metà del secolo IX. Le ossa dei due santi sono ancora conservate nell'urna collocata sotto l'altare, che originariamente si trovava nella chiesa interna, in posizione rialzata.
La volta della chiesa è di particolare importanza, un vero arazzo policromo in cui i simboli della Passione si intrecciano a motivi prettamente rinascimentali. La vivacità dei colori, unita all'originalissima composizione, ne fanno un unicum che si ripete e si completa nell'adiacente Sala del Coro. Merita una menzione anche il pavimento, realizzato nel 1709, sotto il quale trova spazio una serie di tombe destinate alle monache. La facciata che completa l'edificio verso la piazza se ne distacca completamente per lo stile: aggiunta nel 1730 in forme barocche, è adorna di cinque statue che rappresentano San Vittore a cavallo, i Santi Aimo e Vermondo, San Benedetto e San Mauro, quasi a testimoniare, ormai alla sua conclusione, la millenaria fortuna della stagione benedettina in Lombardia.